Carlo Jacoponi
Via dei Chiavari 6
“L’edificio sito in via dei Chiavari al numero sei, inserito nel complesso contiguo alla chiesa del convento di Sant’Andrea della Valle, è presente fin dal 16o secolo nelle fonti dell’Archivio Storico Capitolino e dell’Archivio di Stato di Sant’Ivo alla sapienza.
Si tratta di una fabbrica cinquecentesca, comunemente attribuita dalla letteratura storico artistica a Baldassarre Peruzzi, che all’epoca era impegnato nella costruzione di palazzo Massimo alle Colonne, e di altri edifici nel rione”.
1993/94 – L’idea di dare una nuova identità agli spazi di via dei Chiavari nacque più di venti anni fa, quando Ovidio Jacorossi capì, con un’intuizione coraggiosa e anche un po’ visionaria, che i locali di sua proprietà avrebbero potuto ospitare una galleria per l’arte, nel cuore di Roma e nel cuore di quell’edificio storico che aveva già accolto le collezioni di Cassiano Dal Pozzo.
Da testimonianze diverse si apprende che nel 1627 Cassiano Dal Pozzo, esperto antiquario, medico, naturalista, nonché diplomatico, stabilì in questo sito la sua dimora personale, trasformandolo altresì nella preziosa e raffinata sede delle sue collezioni, fino al 1657 anno della sua morte.
A questa fase risalgono gli abbellimenti architettonici e i piccoli spazi creati per una armoniosa sistemazione di reperti di scavo, emersi in buona parte probabilmente durante la costruzione del palazzo.
2012/13 ad oggi – Nella progettazione e nel restauro di questo luogo per l’arte ho cercato di applicare un principio che ho sempre mantenuto saldo nelle diverse mostre e allestimenti che, negli anni, ho avuto la fortuna di disegnare. L’idea, cioè, che il progettista debba attenersi alla massima semplicità, utilizzando il linguaggio architettonico per valorizzare il contenuto e non per sopraffarlo con un esagerato protagonismo del “segno”.
E anche in questo caso, la sfida maggiore è consistita nel dare rilievo a tutte le potenzialità degli spazi senza stravolgerli, nel trasformare ostacoli apparenti e problemi reali in elementi di forza e di originalità. Come la frammentazione quasi labirintica degli interni che ha costretto/suggerito trasformazioni anche importanti. Penso in particolare, al piccolo ma bellissimo cortile quadrato, attribuito a Baldassarre Peruzzi, e invaso per metà da una superfetazione ad un piano. La volontà di recuperarne l’uso mi ha portato a ideare un passaggio a galleria in vetro e metallo, struttura che permette la riscoperta di parte dei portici originali attraverso il riutilizzo di almeno due dei quattro arconi, consentendo, inoltre, una lettura del tutto diversa dello spazio attuale.
Particolare cura è stata messa nel restauro lapideo e pittorico del cortile e dei due portici collegati dal nuovo passaggio a galleria, le cui volte descialbate erano, in realtà, decorate con un impianto a fasce blu ed ocra e motivi floreali, realizzati a stencil, probabilmente fra fine ‘800 e primi ‘900.
“L’edificio sito in via dei Chiavari al numero sei, inserito nel complesso contiguo alla chiesa del convento di Sant’Andrea della Valle, è presente fin dal 16o secolo nelle fonti dell’Archivio Storico Capitolino e dell’Archivio di Stato di Sant’Ivo alla sapienza.
Si tratta di una fabbrica cinquecentesca, comunemente attribuita dalla letteratura storico artistica a Baldassarre Peruzzi, che all’epoca era impegnato nella costruzione di palazzo Massimo alle Colonne, e di altri edifici nel rione”.
1993/94 – L’idea di dare una nuova identità agli spazi di via dei Chiavari nacque più di venti anni fa, quando Ovidio Jacorossi capì, con un’intuizione coraggiosa e anche un po’ visionaria, che i locali di sua proprietà avrebbero potuto ospitare una galleria per l’arte, nel cuore di Roma e nel cuore di quell’edificio storico che aveva già accolto le collezioni di Cassiano Dal Pozzo.
Da testimonianze diverse si apprende che nel 1627 Cassiano Dal Pozzo, esperto antiquario, medico, naturalista, nonché diplomatico, stabilì in questo sito la sua dimora personale, trasformandolo altresì nella preziosa e raffinata sede delle sue collezioni, fino al 1657 anno della sua morte.
A questa fase risalgono gli abbellimenti architettonici e i piccoli spazi creati per una armoniosa sistemazione di reperti di scavo, emersi in buona parte probabilmente durante la costruzione del palazzo.
2012/13 ad oggi – Nella progettazione e nel restauro di questo luogo per l’arte ho cercato di applicare un principio che ho sempre mantenuto saldo nelle diverse mostre e allestimenti che, negli anni, ho avuto la fortuna di disegnare. L’idea, cioè, che il progettista debba attenersi alla massima semplicità, utilizzando il linguaggio architettonico per valorizzare il contenuto e non per sopraffarlo con un esagerato protagonismo del “segno”.
E anche in questo caso, la sfida maggiore è consistita nel dare rilievo a tutte le potenzialità degli spazi senza stravolgerli, nel trasformare ostacoli apparenti e problemi reali in elementi di forza e di originalità. Come la frammentazione quasi labirintica degli interni che ha costretto/suggerito trasformazioni anche importanti. Penso in particolare, al piccolo ma bellissimo cortile quadrato, attribuito a Baldassarre Peruzzi, e invaso per metà da una superfetazione ad un piano. La volontà di recuperarne l’uso mi ha portato a ideare un passaggio a galleria in vetro e metallo, struttura che permette la riscoperta di parte dei portici originali attraverso il riutilizzo di almeno due dei quattro arconi, consentendo, inoltre, una lettura del tutto diversa dello spazio attuale.
Particolare cura è stata messa nel restauro lapideo e pittorico del cortile e dei due portici collegati dal nuovo passaggio a galleria, le cui volte descialbate erano, in realtà, decorate con un impianto a fasce blu ed ocra e motivi floreali, realizzati a stencil, probabilmente fra fine ‘800 e primi ‘900.

Dal 1885 fino agli anni 50 del novecento dalle fonti d’archivio, arrivano altre numerose frammentarie notizie sugli sviluppi e la riqualificazione edilizia di questo complesso. Relativamente al cortile a pianta quadrata, esso appare caratterizzato da un disegno delle facciate definito dal sapiente uso di elementi architettonici di carattere, decorativo: lesene, specchiature, arconi incorniciati, nicchie e finestrature. Approfondendo l’osservazione e ad una più attenta verifica dei disegni pervenuti (Charles Percier, Maison et autres edifices, Parigi 1798, Paul Marie Letarouilly, Edifices de Rome Moderne, Liegi 1849), che differiscono tra loro solo in qualche dettaglio, si nota che lo spazio intorno al cortile al piano terra era definito da porticati su due lati e da un collegamento trasversale fra di essi con funzione di raccordo ad altri spazi interni. Porticati e collegamento trasversale erano contrassegnati da cinque arconi di cui uno, aperto verso l’androne ad ovest, dava sul corpo scala principale e l’altro dava sul cortile esterno a Nord, con fontanile che poteva servire come abbeveraggio per cavalli.
Anche la sistemazione e il risanamento degli spazi interrati, che fino ad allora erano stati destinati a raccolta dei materiali di risulta delle lavorazioni avvenute nell’edificio nel corso dei secoli, è stata l’occasione per riscoprire volumetrie inaspettate. Volte e pareti, una volta rimosso l’intonaco, sono state sabbiate per riportare alla luce la struttura muraria originale, mentre l’apposizione di una serie di pannelli, a diversa altezza, consente di nascondere gli impianti a parete e fa da supporto a quadri e proiezioni. Nel corso dei lavori sono affiorate anche strutture prima ignorate, come la scala ellissoidale in peperino, restaurata e riutilizzata per accedere alla “galleria della grafica” al piano superiore.
Nel progetto ho privilegiato l’uso del ferro, che mi ha consentito di “segnare” eventi particolari con un materiale che definisce nettamente il confine fra antico e moderno, senza invadere, senza confondersi. Le chiusure esterne a tutta parete in lamiera forata, permettono la visibilità dell’interno illuminato della galleria; la scala circolare, che accompagna ai servizi del piano ammezzato, è definita dalla ringhiera in lamiera piena a tutta altezza, che crea tra l’altro un forte contrasto con il frammento di selciato medievale ancora visibile al di sotto.
Superiormente, la scala è attraversata da una passerella con ringhiera vetrata e da lì una seconda scala prosegue fino alla terrazza superiore dove un gazebo a pianta quadrata, schermato da piante sempreverdi, offre un ulteriore spazio di accoglienza per dibattiti e proiezioni.
Anche nello spazio ristorante, un volume angolare in lamiera nera, tagliato orizzontalmente, si oppone ad una parete in profili metallici e vetro. Entrambi sembrano “sostenere” un velario in lamiera forata che diffonde l’aria dai canali superiori della climatizzazione.
All’interno della galleria, la scelta di far uso di proiettori ad alta definizione contribuisce a “moltiplicare” lo spazio reale e quello virtuale, accompagnando il visitatore con continui rimandi a tempi e luoghi diversi e permettendo anche il collegamento in contemporanea con eventi tematicamente coerenti.
Dal 1885 fino agli anni 50 del novecento dalle fonti d’archivio, arrivano altre numerose frammentarie notizie sugli sviluppi e la riqualificazione edilizia di questo complesso. Relativamente al cortile a pianta quadrata, esso appare caratterizzato da un disegno delle facciate definito dal sapiente uso di elementi architettonici di carattere, decorativo: lesene, specchiature, arconi incorniciati, nicchie e finestrature. Approfondendo l’osservazione e ad una più attenta verifica dei disegni pervenuti (Charles Percier, Maison et autres edifices, Parigi 1798, Paul Marie Letarouilly, Edifices de Rome Moderne, Liegi 1849), che differiscono tra loro solo in qualche dettaglio, si nota che lo spazio intorno al cortile al piano terra era definito da porticati su due lati e da un collegamento trasversale fra di essi con funzione di raccordo ad altri spazi interni. Porticati e collegamento trasversale erano contrassegnati da cinque arconi di cui uno, aperto verso l’androne ad ovest, dava sul corpo scala principale e l’altro dava sul cortile esterno a Nord, con fontanile che poteva servire come abbeveraggio per cavalli.
Anche la sistemazione e il risanamento degli spazi interrati, che fino ad allora erano stati destinati a raccolta dei materiali di risulta delle lavorazioni avvenute nell’edificio nel corso dei secoli, è stata l’occasione per riscoprire volumetrie inaspettate. Volte e pareti, una volta rimosso l’intonaco, sono state sabbiate per riportare alla luce la struttura muraria originale, mentre l’apposizione di una serie di pannelli, a diversa altezza, consente di nascondere gli impianti a parete e fa da supporto a quadri e proiezioni. Nel corso dei lavori sono affiorate anche strutture prima ignorate, come la scala ellissoidale in peperino, restaurata e riutilizzata per accedere alla “galleria della grafica” al piano superiore.
Nel progetto ho privilegiato l’uso del ferro, che mi ha consentito di “segnare” eventi particolari con un materiale che definisce nettamente il confine fra antico e moderno, senza invadere, senza confondersi. Le chiusure esterne a tutta parete in lamiera forata, permettono la visibilità dell’interno illuminato della galleria; la scala circolare, che accompagna ai servizi del piano ammezzato, è definita dalla ringhiera in lamiera piena a tutta altezza, che crea tra l’altro un forte contrasto con il frammento di selciato medievale ancora visibile al di sotto.
Superiormente, la scala è attraversata da una passerella con ringhiera vetrata e da lì una seconda scala prosegue fino alla terrazza superiore dove un gazebo a pianta quadrata, schermato da piante sempreverdi, offre un ulteriore spazio di accoglienza per dibattiti e proiezioni.
Anche nello spazio ristorante, un volume angolare in lamiera nera, tagliato orizzontalmente, si oppone ad una parete in profili metallici e vetro. Entrambi sembrano “sostenere” un velario in lamiera forata che diffonde l’aria dai canali superiori della climatizzazione.
All’interno della galleria, la scelta di far uso di proiettori ad alta definizione contribuisce a “moltiplicare” lo spazio reale e quello virtuale, accompagnando il visitatore con continui rimandi a tempi e luoghi diversi e permettendo anche il collegamento in contemporanea con eventi tematicamente coerenti.
